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1 Maggio 2025

Il consenso informato di adultǝ autisticǝ o con disabilità intellettiva

Il consenso informato di adultǝ autisticǝ o con disabilità intellettiva
1 Maggio 2025

Cos’è il consenso informato?

Il consenso informato è una forma di autorizzazione che unǝ paziente esprime per ricevere un qualunque trattamento sanitario o per partecipare ad uno studio scientifico, dopo aver ricevuto le necessarie informazioni da parte del personale sanitario. Il fine è quello di promuovere la scelta libera e la partecipazione consapevole deǝ pazienti nell’ambito di percorsi di salute che lǝ riguardano, consenso che può essere ritirato in qualunque momento.

Cosa comporta il consenso informato?

Il consenso informato richiede che un medico o altro operatore sanitario fornisca alla persona informazioni sufficienti per consentirle di comprendere e dare o meno l’approvazione per un trattamento medico, per l’esecuzione di una particolare procedura, per un trattamento riabilitativo, o per la partecipazione ad una ricerca scientifica.  

Il processo decisionale va supportato quindi ad adeguate spiegazioni, verbali e/o scritte, da parte deǝoperatorǝ sanitarǝ incaricatǝ. Le spiegazioni in genere includono: i motivi del trattamento proposto (per es. medico, farmacologico, riabilitativo), la natura e lo svolgimento del trattamento, i benefici attesi, gli eventuali effetti indesiderati, la prognosi in assenza di trattamento, le eventuali alternative.

La persona che viene informata deve essere ritenuta in grado di poter comprendere le informazioni e dare o meno il consenso, che non deve mai essere ottenuto tramite coercizione o frode.

Tuttavia, come verificare che le informazioni siano adeguatamente comprese? Sembra infatti che i pazienti dimentichino dal 40% all’80% delle informazioni ricevute appena escono dall’ambulatorio. Pertanto, il modo in cui vengono fornite le informazioni può essere ritenuto realmente efficace o andrebbe rivisto e personalizzato caso per caso?

Quale legge disciplina il consenso informato in Italia?

Il consenso informato è definito e disciplinato, per la prima volta in Italia, dalla legge 219/17 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” – detta anche legge sul Biotestamento. In tale legge sono normati tutti gli aspetti procedurali del consenso informato, e sono indicati i 3 attori di tale processo: pazienti, équipe medica, struttura sanitaria.

Quando è richiesto il consenso informato?

Come regola generale il consenso informato dovrebbe essere ottenuto per qualunque tipo di intervento, tuttavia è indispensabile nel caso di:

  • procedure mediche e dentistiche di emergenza o straordinarie come interventi chirurgici, trasfusioni ed estrazioni dentarie;
  • chirurgia; 
  • qualsiasi procedura che richieda sedazione e/o anestesia generale;
  • farmaci con potenziali effetti collaterali che potrebbero creare rischi significativi per la salute;
  • trattamento diagnostico particolare (che per es. comporti l’iniezione di un colorante o altre soluzioni);
  • procedure cosmetiche che implichino tecniche invasive, come il piercing ai lobi delle orecchie;
  • partecipazione alla ricerca scientifica.

Non richiedono espressamente il consenso informato:

  • la fornitura di programmi, servizi e procedure mediche di routine (in questo caso si parla di consenso implicito);
  • le procedure di emergenza legate alla possibilità di vita del paziente, quando non sia possibile ottenere tempestivamente il consenso (in questi casi si parla di consenso presunto);
  • segnalazione di HIV, epatite, malattie potenzialmente infettive e altre condizioni degne di nota;
  • i trattamenti sanitari obbligatori (TSO);
  • i casi di volontà chiaramente espressa daǝ paziente di non essere informatǝ.

Cosa succede con persone autistiche o con disabilità intellettiva?

Avere una disabilità intellettiva o essere autisticǝ non preclude automaticamente di poter dare un consenso informato. Dall’altro canto, la mancanza di un tutore legale non significa automaticamente che una persona sia in grado di dare il consenso.

Se la persona è maggiorenne e viene ritenuta cosciente e capace, deve dare personalmente il proprio consenso.

Quando una persona è ritenuta incapace “Deve – comunque – ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà”.

Nel momento informativo è importante:

  • adattare il livello e le modalità di comunicazione alla persona che riceve le informazioni (immagini, simboli, gesti, vignette, email o informazioni scritte, video esplicativi, strumenti per la comunicazione assistita);  
  • comunicare le informazioni in modo molto semplice, poco alla volta, evidenziando gli elementi chiave;
  • coinvolgere altre persone significative sia per ottenere informazioni che per facilitare la comprensione (familiari, care-giver, persone direttamente coinvolte nella vita deǝ paziente e prive di legami di interesse); 
  • concedere tempo sufficiente perché le informazioni siano comprese, e per poter porre domande cui dovrà essere data una risposta tempestiva;
  • verificare, prima di sottoscrivere il consenso, quanto è stato realmente ritenuto delle informazioni fornite, e chiarificare ulteriormente gli elementi rilevanti che non sembrano compresi.

Nel caso in cui non sia possibile ottenere il consenso daǝ direttǝ interessatǝ, questo deve essere ottenuto tramite unǝ sostitutǝprecedentemente indicatǝ, o nominatǝ da un giudice, che è chiamatǝ ad esprimere il consenso non “al posto di”, ma “con” ǝ direttǝ interessatǝ: emerge quindi un’attenzione a valorizzare al massimo grado possibile la volontà della persona con difficoltà.

Il caso specifico della ricerca scientifica

Quando si tratta di persone che potrebbero non avere la capacità di prendere una decisione veramente informata sulla partecipazione ad uno studio, sorge una disparità tra autonomia (la capacità di una persona di prendere le proprie decisioni) e giustizia (la giusta selezione dei partecipanti alla ricerca).

Per esempio, molte persone autistiche possono essere non verbali o usare un limitato repertorio verbale, o mostrare un funzionamento cognitivo deficitario. Cosa fare in questi casi? meglio arruolarle nella ricerca, soprattutto se non sono previsti rischi o effetti indesiderati, o meglio non arruolarle dal momento che non possono esprimere un consenso consapevole? Ma se non si arruolano, è giusto privarle dei benefici previsti dalla ricerca, che potrebbero migliorare la qualità della loro vita? 

Si pongono considerazioni etiche nell’uno e nell’altro caso, e non ci sono al momento indicazioni univoche. Tuttavia le persone autistiche non verbali o con problemi cognitivi sono attualmente sottorappresentate negli studi scientifici.

Sarebbe auspicabile incrementare la partecipazione  soprattutto a quelle ricerche che non comportano rischi o effetti secondari indesiderati, sia per i vantaggi che potrebbero produrre a livello personale, sia per l’acquisizione di conoscenze valide relative al comportamento di questa fetta di popolazione attualmente negletta negli studi scientifici.


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