Da più di un anno stiamo facendo i conti con gli effetti provocati dalla pandemia da COVID-19: per le misure di prevenzione adottate dai governi, l’accesso al trattamento psicoeducativo in presenza, per i bambini con autismo e disabilità intellettiva e per le loro famiglie, ha subito una sospensione o una grave riduzione. Si è profilata di conseguenza la necessità di apportare una serie di adattamenti alla nostra tradizionale offerta di trattamento psicoeducativo per poterne garantire la prosecuzione, ed è stato avviato il passaggio più o meno graduale a forme di tele-educazione, che hanno sostituito in toto o in parte il precedente trattamento. Preferisco usare il termine tele-educazione, che mi sembra più specifico, al posto di quello di tele-salute (tuttavia quest’ultimo è largamente utilizzato in letteratura scientifica anche per riferirsi al trattamento psicoeducativo).
Cosa conosciamo riguardo alla tele-educazione nel campo dell’autismo e della disabilità intellettiva? Pollard et al. (2021) affermano che gli analisti comportamentali da circa due decadi utilizzano questa modalità per l’assessment e il trattamento diretto, così come per la formazione dei genitori e dello staff. Tuttavia, il modello più utilizzato è stato quello di coaching per i caregivers (genitori, insegnanti e tecnici del comportamento): i training hanno riguardato principalmente l’assessment funzionale, l’assessment delle preferenze, le procedure per la riduzione dei comportamenti problema, e per lo sviluppo della comunicazione e delle abilità di vita quotidiana, oltre alla supervisione in tempo reale nel momento in cui il caregiver lavora con il bambino. Due recenti lavori (Pellegrino e Di Gennaro-Reed, 2020; Ferguson et al., 2020) hanno valutato l’efficacia di un servizio di tele-educazione reso direttamente in videoconferenza alla persona con disabilità. Si tratta, in un caso, di due adulti con disabilità intellettiva che vivevano in modo semi-indipendente e che sono stati seguiti per alcune abilità di vita quotidiana che loro stessi ritenevano utili per la loro vita; l’approccio usato dagli analisti comportamentali era il least-to-most prompting. Nel secondo caso l’obiettivo era l’insegnamento di tact, tramite la procedura del discrete trial teaching, a sei bambini con autismo, con un range di età compreso fra i 4 e i 7 anni. Tutti i bambini avevano appreso le abilità target e le hanno mantenute almeno fino al follow-up (9 giorni dopo la conclusione del training). Pollard et al. (2021) hanno esaminato invece dati in archivio, accumulati nella fase pre- e durante-Covid19; i dati della fase pre-Covid si riferivano al trattamento in presenza, quelli della fase durante-Covid al trattamento in teleconferenza sincrona. Lo scopo dello studio era quello di esaminare i progressi nelle abilità target e le eventuali differenze di efficacia fra i due tipi di trattamento. I dati hanno riguardato 17 partecipanti con autismo, con un range di età compreso fra i 3 e i 28 anni, scelti sulla base della presenza di determinate caratteristiche: abilità di attenzione congiunta; abilità ecoiche e di imitazione motoria; abilità di esecuzione di istruzioni singole, di partecipare ad una sessione con una minima assistenza del caregiver, di rimanere continuativamente seduti al computer per almeno 8-10 minuti; assenza o limitata presenza di comportamenti problema o notevole abilità di controllo istruzionale da parte del caregiver; compliance con le istruzioni e i prompts dati in modalità di videoconferenza. Il trattamento (tramite computer, tablet e cellulari) veniva effettuato all’incirca per lo stesso numero di ore del trattamento in presenza della fase pre-Covid. Già i risultati iniziali dimostravano un mantenimento e un aumento delle abilità; durante tutte le fasi di insegnamento, la percentuale di risposte indipendenti è stata simile a quella ottenuta nel trattamento in presenza.
Questi studi sono certamente incoraggianti, e stanno ad indicare la possibilità, per bambini /adolescenti con autismo che presentano determinate caratteristiche, di raggiungere i target di insegnamento, tramite un trattamento in remoto, con la stessa efficacia e rapidità di un trattamento in presenza. La tele-educazione si profila inoltre come un possibile arricchimento della tradizionale offerta psicoeducativa, tramite l’accesso a forme miste di trattamento, con sedute in presenza e in remoto.
E NEL NOSTRO CENTRO?
Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo riadattato il nostro intervento alle restrizioni imposte dalla pandemia, aprendoci ad un trattamento di tele-educazione, che ci ha permesso di proseguire il lavoro su una buona parte degli obiettivi del programma psicoeducativo individuale di 50 bambini che frequentavano il centro diurno per l’autismo. Prima di avviare la tele-educazione ci siamo sincerati che tutte le famiglie avessero la disponibilità di effettuare video-chiamate, vedere e realizzare video, e per incontri a scadenza fissa.
Una prima parte del nostro lavoro ha avuto l’obiettivo di verificare quali tipi di difficoltà incontravano le famiglie nella gestione educativa dei loro figli, che all’improvviso avevano interrotto la frequenza della scuola e ogni altra forma di trattamento extra-scolastico.
Dei nostri 50 bambini, 37 presentavano problemi di comportamento e 13 resistenza al coinvolgimento in attività, soprattutto di autonomia personale. Nonostante questo, la maggior parte delle famiglie (più dell’80%) tentava di occupare i propri figli in attività più o meno strutturate. Nella figura 1 sono riportate le attività che i bambini svolgevano a casa con i loro genitori. Nella figura 2 la presenza e tipologia di comportamenti problema, accompagnate dal numero di famiglie che esprimevano seria difficoltà nella loro gestione. Il parere dei nostri operatori era che l’avvio di un trattamento di tele-educazione fosse in quel momento sostenibile per almeno 33 famiglie, poco sostenibile per 12 e non sostenibile per 5. Tuttavia tutte le famiglie hanno dato la disponibilità ad avviarlo.
Il trattamento di tele-educazione dei Corrieri dell’Oasi è stato quindi portato avanti con tutte le famiglie e i bambini; le procedure sono state definite in accordo con il Dipartimento di Salute Mentale di Enna. Per circa tre mesi il centro è rimasto chiuso e la tele-educazione è stato l’unica modalità di trattamento. Al rientro, tenuto conto delle notevoli restrizioni ancora vigenti, si è proseguito con una forma mista (sessioni in presenza e sessioni in modalità web, anche queste previo accordo con il DSM). Il lavoro ha riguardato i seguenti ambiti: gestione dei comportamenti problema, autonomia personale, abilità di comunicazione, di gioco, attività strutturate indipendenti, nuovi target, organizzazione della giornata. Tutte le famiglie hanno ricevuto la consulenza su questi argomenti; 10 bambini/adolescenti in grado di gestire autonomamente il device sono stati seguiti direttamente dagli operatori in rapporto sia uno a uno sia di piccolo gruppo; gli altri 40 sono stati seguiti con il supporto del caregiver (in genere la mamma), in modalità sincrona e asincrona (in quest’ultimo caso, alla fine della sessione, veniva lasciato alle mamme il materiale da utilizzare fino al prossimo incontro, con una previa spiegazione di come doveva essere utilizzato). In media la frequenza degli incontri era di 2-3 volte a settimana, per circa un’ora a sessione. Alla fine del periodo di lockdown, prima del rientro al centro, sono stati consegnati alle famiglie dei questionari in cui, su una scala Likert a 4 punti (molto utile-utile-poco utile-inutile), dovevano esprimere una valutazione sul grado di utilità del lavoro svolto nei diversi ambiti sopra descritti, sul materiale usato e consegnato loro, ed un giudizio complessivo sulla modalità di tele-educazione utilizzata. Il 98% delle famiglie ha giudicato molto utile / utile l’intervento di tele-educazione nella sua globalità, il 2% poco utile, nessuna famiglia lo ha giudicato inutile. Nella fig. 3 sono riportate le percentuali del giudizio di utilità, sia nel complesso che in relazione ai singoli ambiti, ed è immediatamente evidente l’alta percentuale di famiglie che hanno dato un giudizio di molta utilità / utilità. Questi risultati appaiono incoraggianti e ci danno senz’altro modo di modificare e migliorare gli elementi di criticità del nostro intervento che, in ogni caso, è stato valutato molto positivamente dalle famiglie. Le stesse hanno espresso per esteso alcune personali difficoltà, nello specifico: limitato tempo dei genitori da dedicare alle attività; eccessivo carico emotivo e di gestione ricaduto su di loro; limitata competenza sulle procedure; scarsa motivazione, attenzione e concentrazione di alcuni bambini l’intervento; impossibilità di un rapporto vis-à-vis del bambino con l’operatore; difficoltà di rete. Molti genitori hanno espresso una preferenza per la modalità di trattamento in presenza rispetto a quella telematica; tuttavia quest’ultima è stata ritenuta una possibile risorsa futura da quasi il 60% delle famiglie, soprattutto se integrata al trattamento in presenza.