Il mese di marzo è tradizionalmente dedicato alle donne, in particolare l’8 marzo in cui si celebra la giornata internazionale dei loro diritti. In questo giorno si sottolinea l’importanza dell’emancipazione sociale, economica e politica, dell’eliminazione delle discriminazioni e delle violenze.
È importante ricordare che tante donne e, fra loro, tante donne autistiche hanno dato un personale ed apprezzabile contributo per la crescita e il progresso della società, e per la comprensione dell’autismo visto da dentro. Fra loro Temple Grandin, Greta Thumberg, Donna Williams ed altre (https://www.opyacare.com/blog/womens-history-month-celebrating-women-with-autism/).
Nonostante questo, ancora oggi ci sono grosse lacune nella comprensione dell’autismo, soprattutto femminile, ed è per questo motivo che vogliamo provare ad approfondire qualche aspetto.
Le donne autistiche sono decisamente sottorappresentate nella ricerca scientifica, o del tutto assenti oppure presenti in numero molto esiguo all’interno dei campioni studiati (Rippon, 2024). Questo ha comportato che i risultati degli studi siano stati attribuiti in modo generale a tutta la popolazione autistica, con la conseguenza che il fenotipo autistico femminile è sembrato corrispondere quasi interamente a quello maschile.
Ma è realmente così?
Il rapporto maschi/femmine autisticǝ è attualmente di circa 4/1, ma il dato potrebbe non fotografare adeguatamente la realtà per i motivi che descriveremo.
Secondo McCrossin (2022) una gran percentuale (circa l’80%) di donne autistiche rimane non diagnosticata all’età di 18 anni, o diagnosticata in modo erroneo. La mancata diagnosi di autismo comporta la non comprensione della condizione e la mancata attivazione dei servizi, di conseguenza le donne autistiche sono ad alto rischio di fare esperienze di vittimizzazione, soprattutto sessuale.
La mancata diagnosi può avvenire per diverse ragioni, per esempio gli strumenti diagnostici sono standardizzati su coorti maschili e rischiano di non intercettare in modo chiaro e completo la sintomatologia presente nelle donne. Un diverso ma molto importante motivo è il “female camouflaging”, definito come la discrepanza tra il comportamento estrinseco nei contesti socio-interpersonali e lo stato intrinseco della persona (Lai et al., 2019). Nel camouflaging si verifica quindi una soppressione delle tendenze naturali della persona per assumere comportamenti aderenti alle aspettative sociali e culturali.
“Il numero di ragazze a cui non viene diagnosticato l’autismo è davvero elevato perché hanno maggiori probabilità di mimetizzarsi rispetto ai ragazzi. Sono rimasta così a lungo senza diagnosi perché non sapevano che potevo fingere di essere normale!”(Hull et al., 2017).
“Penso che essendo una donna ci si aspetti che mi comporti in un certo modo nei contesti sociali, motivo per cui ho passato così tanto tempo a mascherarmi” (https://www.autism.org.uk/advice-and-guidance/what-is-autism/autistic-women-and-girls).
Alcuni studi hanno evidenziato come il masking o camouflaging differenzi le donne autistiche dagli uomini, ed ha probabilmente alla base una connettività e attivazioni diverse nei circuiti cerebrali di social rewards, che includono la corteccia cingolata anteriore e le connessioni limbico-ipotalamiche. Anche la corteccia pre-frontale ventromediale sembra attivarsi maggiormente nelle donne autistiche con forte camouflaging (Lai et al., 2019). Il camuffamento, durante le valutazioni testologiche, può produrre un basso punteggio nelle aree degli interessi ristretti e del funzionamento sociale (Wood-Dawnie et al., 2021; McFayden et al., 2020; Rivet et al., 2011), ma, in realtà, la minore gravità dei sintomi sarebbe solo apparente, in quanto frutto dello sforzo di mascheramento e minimizzazione delle difficoltà sociali (Gould, 2017; Milner et al., 2023).
Nelle donne autistiche sembra essere effettivamente più marcato che negli uomini il desiderio di appartenenza, di relazione sociale e di amicizia, e questo le porta ad aumentare gli sforzi per mascherare le difficoltà: il masking appare quindi come una strategia di sopravvivenza per evitare lo stigma dell’autismo, minimizzare l’evidenza delle differenze, massimizzare l’inclusione, evitare il rifiuto e l’isolamento (Perry et al., 2022; Schneid et al., 2020). Il masking però è faticoso, perché comporta lo studio e l’imitazione dei comportamenti sociali altrui, soprattutto dei pari, con l’obiettivo di fondersi e non essere notate come diverse; la preparazione di copioni di comportamento (per es., come fare due chiacchiere, come ridere delle battute, come mantenere il contatto visivo, come sopprimere le stereotipie) che poi verranno eseguiti ogni qualvolta capiti la situazione opportuna (Cook et al., 2021; Hull et al., 2020; Tubio-Funguerino et al., 2021; Wood-Dawnie et al., 2021).
Questo camuffamento richiede molte energie e, a lungo andare, può creare forte disagio, stanchezza e stress, alti livelli di ansia, depressione, burn-out autistico e ideazione suicidaria (Ross et al., 2023; Cook et al., 2022; Bernardin et al., 2021; Beck et al., 2020), e rivelarsi quindi un forte rischio per la salute mentale più che una tattica adattiva.
Il camouflaging sembra essere particolarmente accentuato anche nelle donne autistiche con problematiche alimentari, tuttavia il meccanismo di questa relazione necessita di essere ulteriormente approfondito (Brede et al., 2024).
In questo breve articolo abbiamo cercato di capire se ci siano caratteristiche dell’autismo femminile che si differenziano da quello maschile.
Una di queste caratteristiche è il mascheramento, a cui sono stati dedicati diversi studi negli anni recenti: le donne autistiche, molto più degli uomini, sentono la pressione sociale e cercano di adattarsi al proprio ambiente mascherando chi sono veramente e vivendo una vita che non è fedele ai loro bisogni. Vita che, alla fine dei conti, risulta più stressante che soddisfacente e le espone a rischi per la propria salute mentale.
Tenere conto di questa modalità comportamentale è molto importante all’interno dei servizi per l’autismo, perché possano essere delineati percorsi che aiutino le donne autistiche a prendere consapevolezza di ciò che sono realmente, di quali sono i loro bisogni, di come possono soddisfarli senza rinunciare a se stesse, per poter vivere con maggiore autenticità il proprio essere autistiche, con auto-comprensione, auto-compassione e accoglienza.
In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, abbiamo avuto il privilegio di ascoltare le voci di donne autistiche che condividono la loro prospettiva su questi temi.
Cosa significa essere donna e autistica? Come vivono i diritti delle donne?
Scopri il loro punto di vista in questa intervista
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