Il 2 aprile di ogni anno, a partire dal 2008, si celebra la “Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo”, che è giunta alla sua XVII edizione. L’assemblea generale delle Nazioni Unite, con la Risoluzione 62/139 del 18/12/2007 ha indetto questa giornata, come un invito a tutti gli Stati per riconoscere diritti e dignità delle persone autistiche, divulgare informazioni, supportare la ricerca scientifica, promuovere una piena partecipazione alla società, all’interno della quale possano dare il loro contributo a vantaggio di tutti in vari campi dell’attività umana. Il 2 aprile non è una giornata gestita da persone autistiche (come invece lo è l’Autistic Pride Day,18 giugno, Giornata dell’Orgoglio Autistico). È una giornata generalmente gestita da enti e associazioni che si occupano di autismo. Tra queste, Autism Speaks, una delle associazioni scientifiche più impegnate nel campo, ha lanciato nel 2010 la campagna “Light it up blue”, invitando le pubbliche
amministrazioni di tutto il mondo ad illuminare di blu un monumento o un edificio nel giorno dedicato alla consapevolezza dell’autismo, e invitando tutti i privati ad indossare qualcosa di blu, o
ad usare il colore blu nelle loro iniziative del 2 aprile. Ma è proprio vero che il blu, così come il puzzle, rappresentano l’autismo? Per l’Autistic Community la risposta è NO. La comunità autistica ha scelto altri colori: il rosso, per contrapporsi fermamente al blu (red instead); i colori dell’arcobaleno, generalmente associati all’infinito, per esprimere la neurodiversità; e il colore oro
(aurum), per esprimere il valore della persona e perché AU è l’abbreviazione che viene posposta al proprio nome da attivisti dei diritti degli autistici (vedi: sito di Bradipi in Antartide; I Colori dell’Autismo, di Red Fryk Hey e Carla F. Castagno). Anche il puzzle è un simbolo da cui gli autistici non si sentono rappresentati, perché esprime incompletezza, solo un pezzo di qualcosa.
Ricordiamo che i simboli sono potenti, e possono contribuire a dare un’idea sbagliata o imprecisa di una realtà.
Celebrare il 2 aprile è sicuramente importante, ma dovrebbe essere accompagnato da un impegno costante per entrare sempre di più e comprendere sempre meglio il mondo autistico, assumere
il giusto comportamento, veicolare messaggi corretti, soprattutto fra il grande pubblico, contrastare i pregiudizi, garantire opportunità di sviluppo e di scelte per la vita.
Il tema scelto per la giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo del 2024 è
#Consapevolezza #Accettazione #Apprezzamento: passare dalla sopravvivenza alla prosperità, tema che sottolinea l’importanza di costruire una società solidale in cui le persone autistiche possano prosperare, e non siano solo riconosciute, ma anche sostenute e apprezzate.
Come afferma Fabrizio Acanfora (scrittore, consulente aziendale e musicista; “Di pari passo”, ed.
Luiss, 2022), viviamo in una società ossessionata dalla performance, a costo di diventare altro da ciò che siamo; una società in cui il diverso è accettato se fa sforzi per omologarsi, e qualora non li
faccia, è ritenuto incapace di rappresentarsi nel mondo, diventando al massimo oggetto di atti paternalistici di pietà e carità. Una società che ha dimenticato che ogni persona è diversa dall’altra, perché tante variabili, da quelle biologiche a quelle familiari e ambientali interagiscono, e portano
ad interpretare il mondo e a vivere in esso in un modo personale e unico. La diversità è quindi una condizione che riguarda tutti, perché siamo tutti “unici”. Non esiste solo un modo giusto di essere e comportarsi, quello della fantomatica persona “normale”, che in fondo è un ideale derivato da medie e statistiche. Acanfora fa una revisione del concetto di inclusione, a cui eravamo giunti
superando quello di integrazione. Integrare significa incorporare fisicamente una minoranza
all’interno di un gruppo già esistente, ma non garantire a tutti le stesse opportunità. Con il termine inclusione ci riferiamo invece alla creazione di un ambiente che accolga e valorizzi le differenze fra le persone, promuovendo equità e pari opportunità. Tuttavia, l’inclusione per Acanfora si
caratterizza come un processo unidirezionale, una “concessione” della società “normale” ad una minoranza. Acanfora propone una revisione del concetto di inclusione, a favore di un processo di maggiore reciprocità, quello della “convivenza delle differenze”, che parte dal mutuo rispetto e si sviluppa attraverso la comprensione delle caratteristiche altrui. È un processo che richiede la cooperazione e la disponibilità ad andare di pari passo, sostenendosi reciprocamente. Questo non vuol dire negare le difficoltà, che ci sono e per le quali sono necessari dei supporti, ma piuttosto valorizzare le caratteristiche di ognuno e ciò che ci accomuna, senza concentrarci esclusivamente
sui deficit e su ciò che manca. Non solo limiti, ma possibilità.
Può apparire un concetto utopistico, dal momento che siamo immersi nella società del rendimento e del profitto, una società delle disuguaglianze, con tante criticità, ma è sicuramente un percorso che può produrre un maggiore benessere per tutti, perché anche chi viene definito “neurotipico” incontra tante difficoltà ad aderire agli standard che ci vengono posti davanti (per es., a scuola o in un’azienda).
È un percorso per rimettere la persona, anzi, ogni persona al centro.
La metafora dell’orchestra che ci offre Acanfora ci aiuta a comprendere questo concetto: in
un’orchestra, nessuno strumento vale più dell’altro. Anche se i violini sono in maggioranza nessuno si sognerebbe di emarginare il flauto, o di pensare che il violoncello è un violino mancato.
Esserci gli uni per gli altri.
Riconosciamo certo che tanti passi avanti sono stati fatti da quando abbiamo cominciato a pensare in termini di inclusione, ma ora è il momento di spingerci oltre, di cominciare a pensare in
termini di convivenza di tutte le differenze. Siamo chiamati, ognuno nel nostro piccolo, a fare la nostra parte.
Data da ricordare: il 2 Aprile